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Architetto, vive oggi sulle colline di Verbania (Lago Maggiore). Intorno agli anni Novanta, orienta i propri interessi verso la scrittura nella forma espressiva della poesia.
È vincitore di diversi premi letterari, nazionali ed internazionali, nonché di premi speciali della giuria e della critica.
Nel 2008 è invitato al XIII Festival Internacional de Poesia de La Habana, Cuba.
Hanno scritto di lui:
Giorgio Luti, docente di Letteratura Italiana all'Università di Firenze.
Rodolfo Tommasi, giornalista, critico letterario GR3 RAI. Silvana Baroni, critica d'arte letteraria, Paese Sera. Roma.
Definito un poeta "visionario", per le immagini evocative che popolano i suoi testi, la sua è una poesia rivolta all'uomo, al fascino conflittuale della sua esistenza.
È una ricerca sperimentale senza che mai cada nello sperimentalismo perché in lui è costante la tensione autoriflessiva, la consapevolezza che anche il nuovo debba muoversi sempre all'interno dei canoni del vero.
Dal verso al gesto
È un cammino naturale dalla parola scritta al suo colore, intrapreso nel soddisfacimento di quell'esigenza narrativa che la sua visione eclettica del descrivere, quasi gli impone.
Così le "incursioni impertinenti nel colore", come lui le definisce, altro non sono se non delle vere e proprie "emergenze espressive".
La necessità di completare, esaurire, tutte quelle emozioni, quei turbamenti, quelle manifestazioni della complessità del vivere quotidiano che, più o meno inconsciamente, si recepiscono e si imprimono nella pellicola fotografica della propria sensibilità.
Il linguaggio artistico si costruisce attraverso processi complessi, e involontari, di osservazione, assimilazione, sedimentazione, elaborazione e infine, di espressione.
Sono quindi i colori, le linee, le macchie, la carta incollata, od i graffi a caratterizzare gli scenari dell'emozione descritta.
Non è la rappresentazione formale del visto o del ricordato ad essere riportata ma l'emozione trasformata di ciò che è stato visto o di ciò che è stato ricordato.
A titolo di esempio: il ritratto di una persona cara non è rappresentabile mediante la rigorosa e riconoscibile composizione dei suoi tratti somatici, ma dalla volontà (pressoché inconscia, quindi spontanea) di manifestarne il suo carattere, la sua gioiosità o la sua tristezza.
È quindi l'emozione dell'incontro con la persona che si riversa sulla tela e mai il visto o il visibile.
Lo stesso vale per qualsiasi episodio o per gli accadimenti del mondo, della giornata vissuta o il mutarsi delle cose.
È sempre costantemente l'emozione che viene rappresentata, non lo scenario realistico riprodotto dal "come viene visto".
Sono la loro atmosfera, la magia dei suoni, i profumi o la forza e la sensibilità degli esseri e della natura che diventano forma, graffio e impasto cromatico.
Potrebbero definirsi paesaggi emotivi.
Il lessico narrativo, sia esso estetico che filosofico, possiede così molto spesso un'immagine di ribellione, di anarchia formale, spesso anche fortemente empatica.
I riferimenti stilistici più probabili possono rimandare sicuramente a certe forme dell'astrattismo, più facilmente all'espressionismo astratto informale, se non addirittura ad alcuni linguaggi contemporanei della pop-
L'espressione dell'opera tende sempre a dimostrare tanto la vitalità e la creatività, quanto il bisogno (o abilità) di sviluppare un personale e marcato senso estetico, che non sia necessariamente ristretto al rapporto personale con il supporto, ma il dialogo che la rappresentazione apre con il fruitore.
L'apparente caos compositivo è stimolo ad aprire il desiderio della ricerca di un'armonia forse perduta o forse da ritrovare, da ricomporre o fosse solo, da desiderare.
"Ordine e complessità sono poli gemelli dello stesso fenomeno. Nessuno dei due può esistere senza l'altro, e il valore estetico è una misura di entrambi. Proprio come l'ordine ha bisogno della complessità per manifestarsi, la complessità ha bisogno dell'ordine per diventare intelligibile".